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Il Dg Carlo Romeo risponde a Rete

29 mag 2015
Il Dg risponde a Rete
Il Dg risponde a Rete
Cara Rete,
Rispondo alla vostra cortese chiamata in causa per quell'editoriale che, indipendentemente dalla firma o non firma, come tutti gli editoriali rappresenta in pieno e formalmente la linea e il pensiero della direzione.
Dunque rispondo. Certamente, visto che le regole sono regole, se una seduta è segreta è segreta per tutti. Io quel che è successo in realtà l'ho letto sui giornali - cui qualcuno comunque lo avrà riferito - e francamente quando si trattano argomenti come i risparmi in banca della gente, attenzione e prudenza non sono mai troppi, a meno che non si appartenga al fronte del tanto-peggio-tanto-meglio, fronte che non ha mai brillato peraltro per intelligenza e per buona fortuna sia per se che per gli altri.
Quindi poco da dire. Le regole si rispettano.
I noaprioristi cui ci riferivamo sono quelli che appena viene fuori una idea, una proposta, un ragionamento, senza neppure avere una minima idea di cosa si stia parlando partono regolarmente, inesorabilmente, pregiudizialmente in quarta con uno spiegone sul fatto che, pur vivendo nel peggiore dei mondi possibili, quella idea peggiora sicuramente e ulteriormente le cose, magari decidendo il tutto solo in base a chi propone e non a cosa si propone e condendo il tutto magari talvolta (perché non dirlo?) con un pizzico di invidia, erba che almeno in Italia è diffusissima nei piccoli centri ma che comincio a avere il sospetto si possa ritrovare in quantità più o meno minime anche in certe zone della Repubblica.
E proprio perché le regole si rispettano ho in realtà poco da aggiungere anche sull'altra vicenda legata alla consulta. C'è una legge, ci sono delle elezioni che risultano essere state democratiche, c'è chi ha preso più voti che quindi vince, chi ne ha presi di meno e pertanto perde.
Poi si può dire quel che si vuole ma resta il fatto che il gioco democratico è questo e non è altro. Se no, si fa come i bambini che quando vincono va tutto bene mentre quando perdono non giocano più e il gioco è sbagliato. Se insomma non ci si fida, non ci si siede al tavolo da gioco.
Non è inoltre ragionevole confondere il ruolo del giornalista o del politico con quello dell'inquisitore quindi - almeno per quel che riguarda me - finchè un processo non si conclude, aspetto a tirare conclusioni sommarie, cosa che capita invece piuttosto frequentemente. Recentemente e per qualche tempo - è il caso forse di ricordarlo per inciso e per esempio - la Rtv e il sottoscritto si sono trovati nell'occhio del ciclone per un dossier palesemente falso e falsante che ha rischiato di mettere in essere l'esistenza stessa dell'azienda e dei suoi posti di lavoro. Sarebbe bastato - ed è bastato a chi di dovere - andarsi a leggere le carte prima di parlare.
Insomma, tornando a noi, il populismo dei processi sommari, dei colpevoli appunto "a prescindere", non fa parte - mi dispiace - della mia cultura e anzi mi aspetterei che chi crede in certi valori li difenda, ovunque e con chiunque ne resti vittima.
Ci possono essere tragedie umane dietro ogni parola, sia che sia scritta su un giornale, su un atto parlamentare, su un atto giudiziario, per quanto queste parole possano essere talvolta necessarie, dovute, legittime. Le parole sono pietre e come le pietre servono per costruire o per distruggere.
La differenza fra gli uomini e i caporali è che gli uomini questo lo sanno bene e rispettano le parole - non le chiacchiere - e le persone proprio perchè gli uomini sanno valutare, ragionare, decidere - fatti alla mano - con la testa e non con la pancia, senza personalizzare i casi in questione, senza pregiudizi a priori e senza subire il losco fascino della ghigliottina altrui - ricordate le orribili tricoteuses? - mentre i caporali, quanto meno quelli di Totò, no.
Con amicizia.

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