Logo San Marino RTV

Ragionandoci sopra

7 gen 2019
Ragionandoci sopra
Sarà sicuramente un mio limite ma a me questa storia del reddito di cittadinanza convince poco sia per quel che riguarda l'Italia che per quel che riguarda San Marino.
Non a caso i Padri Costituenti italiani - mai troppo rimpianti - avevano posto il lavoro a cardine della nuova Repubblica. Il vivere senza realizzarsi nel lavoro, il viversi addosso di rendita di quelle fasce sociali che per un paio di generazioni hanno potuto permetterselo, non ha mai portato e non potrà mai portare lontano.
Senza una cultura e una politica del lavoro non esiste sviluppo sociale e il reddito garantito per identità, e non per merito, rischia di creare una situazione molto pericolosa. Chiaramente gli ammortizzatori sociali sono indispensabili e intoccabili per tutelare le fasce più deboli ma non è di questo che stiamo trattando.
In Italia poi, è forte il pericolo che questo provvedimento si trasformi in vari contesti nell'ennesima forma di smanato assistenzialismo elettorale, - visto che, quel cancro per la democrazia del voto di scambio, è tutt'altro che rimosso - ma soprattutto non risolverà il problema in una realtà dove gli uffici di collocamento sono sempre stati una barzelletta.
Per San Marino invece non so se può esserci questo rischio ma il fatto che già oggi non sia facile - parlo per esperienza diretta - trovare lavoratori intenzionati a essere realmente tali, e non solo fruitori di stipendi, è un dato di fatto.

Un qualsiasi colloquio di lavoro parte ormai sempre più spesso da candidati che hanno curriculum poverissimi. Altrettanto poveri di conoscenze e di voglia di fare, che partono però subito da due domande. "Quanto mi date? Quante ore lavoro?". E se Dio non voglia si parla di lavorare qualche volta il sabato o la domenica, il colloquio si conclude per abbandono alla velocità del suono da parte del medesimo candidato. I loro bisnonni, carpentieri a Detroit o minatori a Marcinelle, saprebbero benissimo come operare sui loro pronipoti, magari anche con qualche leggera modifica temporanea dei connotati facciali, ma questa metodologia non lo si può richiedere, per tante ragioni, a chi si trova a gestire dei colloqui di lavoro. Oddio non è sempre così, bisogna sottolinearlo, ma non è neppure tanto raro che sia così.
Dove si va con questo tipo di impostazione dove i redditi garantiti sono solo la tappa finale? Poco lontano. Anzi non si rischia di perpetuare la figura dello Stato-Mamma che garantisce alla sua progenie mammona pressoché tutto? Bell'a' mammá, insomma, come si direbbe a Napoli.

Non sarebbe meglio potenziare concretamente una formazione d'eccellenza con stage all'estero e validi incentivi per le assunzioni alle imprese che oggi invece si trovano a dover fare salti mortali per assumere personale, ove vi fosse necessità. Esiste oltre tutto ormai ovunque in politica una contraddizione pericolosa fra il volere ridurre le spese e l'aumentare i posti di lavoro. Il problema è solo uno in questi casi cioè se la azienda è sana o no. Se l'azienda è sana va aiutata, altrimenti meglio per tutti che chiuda.
Il mercato del lavoro ristagna ovunque e il reddito garantito servirà o invece potrebbe andare a intaccare quella cultura del lavoro, vitale per qualsiasi società? Servono anche altri provvedimenti dunque, come per esempio una serie lotta alla evasione fiscale. Seria vuol dire peraltro un programma rigoroso nel tempo e nei riscontri con sanzioni che siano realmente tali anche se colpiscono gli amici degli amici o il proprio portafoglio di voti. Perchè capita che si inciampi in commercianti o professionisti che dichiarano un surreale reddito annuo di sei/settemila euro totalmente inadeguato alla propria qualità della vita che richiederebbe invece dieci o cento volte tanto. Non dovrebbe essere difficile - anche qui infischiandosene di amici, nemici, elettori eccetera - fare una indagine in merito su trentamila abitanti, nei casi in cui il tenore di vita non corrisponde alle tasse pagate. Lavoro al massimo di una settimana e è facile dimostrarlo.
Un ulteriore rischio infine è da considerare. Quando una identità - qualsiasi identità - diventa un mestiere, una fonte di reddito, non solo viene meno una cultura del lavoro assolutamente vitale per qualsiasi comunità che non sia inquinata da fancazzismo e parassitismo latenti o conclamati, ma viene distrutto anche l'orgoglio e la dignità di quella identità, ridotta al livello di paghetta statale, grazie alla casualità di una nascita e non al merito di un impegno. È sul lavoro, quello vero, non lo stipendio a fine mese - pensare a certe vite passate ogni giorno con l'orologio in mano per ore in attesa di scappare via appena scatta l'orario del cartellino... - che si costruisce un futuro solido per il singolo cittadino e per il contesto in cui vive.

cr

Riproduzione riservata ©