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Caso targhe: 'fuga' di veicoli da San Marino, radiazioni in aumento e calo d'affari per le assicurazioni

11 mar 2019
Targhe RSMCaso targhe: 'fuga' di veicoli da San Marino, radiazioni in aumento e calo d'affari per le assicurazioni
Caso targhe: 'fuga' di veicoli da San Marino, radiazioni in aumento e calo d'affari per le assicurazioni - Ucs e Comites continuano a raccogliere le segnalazioni dei cittadini interessati dal caso targhe.
Si potrebbe in qualche modo definire una 'fuga' di veicoli verso l'estero. Dal 10 dicembre 2018 al 10 marzo 2019 i veicoli radiati per esportazione dal registro automezzi sammarinese sono stati 1457. Un trend in crescita, raddoppiato, se lo si confronta con lo stesso periodo a cavallo tra il 2017 e il 2018 quando i veicoli radiati furono 714. Dall'Ufficio automezzi sottolineano che non è possibile conoscere il motivo della 'migrazione'.

Dando uno sguardo ai dati, però, tutto lascerebbe pensare a un effetto del recente decreto sicurezza che vieta la circolazione dei mezzi con targa straniera guidati da residenti in Italia da più di 60 giorni. Con conseguenze salate: una sanzione da 712 a 2.848 euro, il fermo del veicolo e 180 giorni per mettersi in regola immatricolandolo in Italia o richiedendo il foglio di via per farlo rientrare in territorio.

La massa di trasferimenti di veicoli da San Marino all'estero non è sfuggito alle compagnie assicurative del Titano che parlano già di danno economico e di clienti che se ne sono andati. Gli effetti economici negativi non si fermano qui: l'Unione consumatori sammarinesi fa notare che nel discorso rientrano anche i mancati incassi per lo Stato sul fronte delle imposte.

Sul caso targhe l'Ucs era già in contatto con la Segreteria di Stato agli Esteri e sta collaborando con il Comites per raccogliere segnalazioni. Ne sono arrivate oltre 200, spiega la presidente Francesca Busignani, da aziende e famiglie che hanno a che fare con il problema (le sanzioni segnalate sono due).

Una parte dei casi è stata inoltrata a esponenti dei partiti al Governo in Italia, fa sapere Alessandro Amadei del Comites. Comunicazioni che si aggiungono alle interrogazioni già inoltrate da alcuni parlamentari italiani per cercare di superare la situazione. “Non si capisce come mai la questione non sia stata ancora risolta, ma sono fiducioso visti i buoni rapporti tra i due Paesi”, afferma Amadei per il quale basterebbe un piccolo correttivo avente la stessa forza di legge di quanto stabilito nel decreto.

mt

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