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Commissione Carisp, Luca Lazzari: il perché della sua estensione

1 mar 2015
Commissione Carisp, Luca Lazzari: il perché della sua estensione
Commissione Carisp, Luca Lazzari: il perché della sua estensione
L’obiezione principale che rivolgo all’opera della Commissione riguarda l’auspicio a «fare sistema» nella difesa dello Stato. Intendiamoci: l’auspicio in sé è condivisibilissimo. Quando in gioco c’è l’interesse collettivo «fare sistema» dovrebbe essere la regola. Ma quando la situazione torna alla normalità – e Cassa di Risparmio oggi è in sicurezza – la regola dovrebbe essere «fare i conti». L’auspicio, dunque, cade nel momento sbagliato, perché, anche se rivolto al futuro distoglie l’attenzione dalle responsabilità del passato, riconcilia e riavvicina, per la grande felicità di chi lo Stato non l’ha saputo o non l’ha voluto difendere.
Detto ciò, la relazione offre una base di discussione lineare ed equilibrata ma soprattutto identifica – anche se in maniera sfumata – le “responsabilità politiche o amministrative legate alla vicenda Carisp”. Perché astenersi allora? Perché il Consiglio non ha votato la relazione ma il provvedimento conseguente e cioè un ordine del giorno nella sostanza assolutorio. La domanda è: se le uniche condanne per le quali si è chiamati a pagare sono quelle emesse dal tribunale, perché continuare a impiegare tempo e risorse nelle commissioni d’inchiesta?
Il Consiglio ha espresso “giudizio negativo” in modo esplicito solo nei confronti del grande esiliato della politica: Gabriele Gatti. Su di lui permane il grave dubbio se abbia trattato con la P4 perché la situazione imponeva il ricorso alla realpolitik oppure perché abbia cercato di mangiare insieme ai Magnoni su Cassa di Risparmio. Il dubbio probabilmente non sarà mai sciolto. La questione però è un’altra: Gatti entra in scena quando Cassa di Risparmio è già sotto attacco. Prima c’è tutta una lunga catena di errori e inadempienze che inizia – per approssimazione – nel giugno 2008, con la lettera della vigilanza di Banca centrale al Comitato per il credito e risparmio (un organismo composto da membri di governo che svolge svariate funzioni sull’attività bancaria e finanziaria) in cui si dice “guardate, che in quella banca c’è qualcosa che non va”. Quel che non andava era che l’allora amministratore delegato, Mario Fantini, stava investendo l’intera raccolta – 2,7 miliardi di euro – in un business (gruppo Delta) completamente esposto alle intemperie della giurisdizione italiana. Fantini – morto nel marzo 2011 – era un banchiere e come tutti i banchieri cercava il massimo profitto: farne il capro espiatorio – come in molti stanno cercando di fare – è da vigliacchi oltre che ingiusto. Già, perché più o meno tutti i vertici della banca e delle istituzioni politiche hanno continuato ad applaudirlo fino a un attimo prima in cui cadesse in disgrazia. I sammarinesi affidavano i loro risparmi a Cassa di Risparmio certi di una gestione prudente e ignari di che cosa stesse avvenendo dietro agli sportelli delle filiali. L’irresponsabilità di sistema ha portato alla perdita di oltre 600 milioni di euro oltre ad avere leso a livello internazionale la dignità della Repubblica. Consoliamoci però, poteva andare molto peggio.
Una nota particolare va rivolta ad Antonella Mularoni. Nel passaggio in cui si affronta il famigerato incontro a Palazzo Begni, i commissari affermano che “Antonella Mularoni non chiese spiegazioni né in quel momento né successivamente al collega di governo (Gatti) o ad altri e, nonostante ritenesse la vicenda di interesse nazionale, non se ne occupò più”; dopodiché giudicano come neutra la sua posizione. Ebbene, non ci può essere alcuna neutralità nella posizione di chi da segretario di stato agli affari esteri non si occupa dell’interesse nazionale. Il codice penale prevede un reato chiamato «omissione di soccorso»: rende l’idea. Nonostante ciò Antonella Mularoni è ancora al suo posto. Così come sono al loro posto molti altri protagonisti negativi della vicenda. Il dato che se ne ricava è la negazione da parte della politica del principio della responsabilità personale. I sammarinesi devono accettare l’imposizione di nuovi tributi, la disoccupazione, la chiusura delle attività, la riduzione delle tutele sociali, l’emigrazione giovanile e altri castighi di vario genere senza che notabili e governanti mettano minimamente in discussione se stessi e il loro operato.
Rimane una domanda: perché una sola astensione? Anzitutto perché come indipendente non avevo un mio rappresentante nella commissione e questo ha reso più facile la mia decisione. Ma soprattutto per diffidenza. I richiami alla responsabilità istituzionale li ho sempre considerati come delle trappole che fanno leva sulla buona fede e sull’ingenuità per creare un clima di complicità politica cui non ho intenzione di partecipare.
La mia astensione è un rifiuto del vecchio e un invito al nuovo.

Luca Lazzari

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