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Consiglio: si alla trasmissione paritaria del cognome e al trattamento degli insegnanti della religione cattolica

23 nov 2015
Consiglio: al voto la trasmissione paritaria del cognomeConsiglio: si alla trasmissione paritaria del cognome e al trattamento degli insegnanti della religione cattolica
Consiglio: si alla trasmissione paritaria del cognome e al trattamento degli insegnanti della religione cattolica - Con 41 voti a favore, 2 contrari e 1 astenuto il Consiglio Grande e Generale cambia le regole di tra...
Con 41 voti a favore, 2 contrari e 1 astenuto il Consiglio Grande e Generale cambia le regole di trasmissione del cognome, approvando la legge di iniziativa popolare presentata da Vanessa Muratori. Il testo, emendato in commissione, arriva in Aula con una relazione unica, a sottolineare l'intesa raggiunta sulla proposta. Ai genitori la libertà di scegliere il cognome da dare ai figli. Fino ad oggi questo è avvenuto per linea paterna. Le modifiche apportate prevedono anche per un anno – in via eccezionale - la possibilità di aggiungere il cognome materno per i bimbi già nati. Stessa opzione, sempre per un anno, per i figli già nati se non hanno più di 25 anni e se vivono ancora in famiglia. E sono state proprio le norme transitorie, e i problemi legati alla loro applicazione, ad accendere il dibattito. Il testo non ha visto alcun voto contrario in Commissione, ma piuttosto l'astensione di chi chiedeva un testo più avanzato e una norma più risolutamente egualitaria rimanendo infatti, come prassi ordinaria, la trasmissione del cognome paterno. E' la legge sul trattamento per gli insegnanti della religione cattolica nelle scuole a scaldare gli animi e a dividere il Consiglio. Il provvedimento modifica l'accordo sottoscritto nel maggio 2013 e che l'Aula aveva bocciato impedendone così la ratifica. A sollevare l'ira dell'opposizione è stato soprattutto il fatto che gli insegnanti, chiamati da una graduatoria pubblica riservata e pagati dalla pubblica amministrazione, vengono scelti dalla Diocesi. Se si vogliono eliminare le discriminazioni, accusa la minoranza, va tolto l'avvallo del Vescovo che, in un Paese laico, non può avere diritto di veto. Il problema, replica la maggioranza, è l'allegato F della legge organica non le distinzioni tra laici e laicisti. Alla fine la legge è stata approvata con 26 voti a favore e 21 contrari. Il progetto di legge sulla libertà sindacale, nonostante la prima lettura, impegna il Consiglio per diverse ore e porta in Aula le critiche e le puntualizzazioni che, in queste settimane, hanno espresso organizzazioni sindacali e categorie economiche. Nel corso del dibattito, emerge da più parti, inclusa la maggioranza, l'esigenza di proseguire il confronto sul testo di legge. Esigenza su cui il segretario di Stato Belluzzi offre rassicurazioni nella replica conclusiva. Il capogruppo di Sinistra Unita Tony Margiotta si esprime in favore di un sindacato unico: “Nel nostro territorio al momento ci sono tre sigle sindacali, tutte con riconoscimento giuridico- osserva- sono un sostenitore del sindacato unico in un Paese come il nostro composto da 30 mila persone”. Parimenti, per il capogruppo del Psd Gerardo Giovagnoli è un “problema grave” che si replichino le possibilità di applicazioni dei contratti: “Non è che la politica si mette in questo agone per cercare di favorire l'uno piuttosto che l'altro- manda a dire- la politica deve garantire la chiarezza dei contratti e la tutela del lavoratore, rendendo comprensibile il sistema anche a chi guarda da fuori”. Sulla stessa linea d'onda è il capogruppo Ps Paride Andreoli che esprime il sostegno socialista sull'efficacia erga omnes dei contratti e sul progetto di legge. “Bisogna mettere ordine attraverso le norme e i provvedimenti legislativi- concorda- e ciò può rappresentare una positività”. Il capogruppo di C10 Andrea Zafferani ritiene la legge sulla rappresentatività non prioritaria, anche se comunque importante. Quindi sul finanziamento avanza delle perplessità: “Lo '0.40' va tolto- suggerisce- dovrebbe essere libero, invece c’è un meccanismo di silenzio assenso. Lo Stato dovrebbe dare un contributo minimo per permettere ai sindacati di operare”. Anche Manuel Ciavatta, Pdcs, si dice non completamente convinto dall'obbligo di legge di una quota associativa: “Può essere problematico però va chiarito l'aspetto della quota servizi”. Mentre sostiene con convinzione che rispetto la validità contrattuale, “devono contare le associazioni realmente rappresentative”. “Il provvedimento in questo momento ha spaccato in due parti il mondo del lavoro”, osserva Nicola Selva, Upr. Al contrario, “si doveva ricercare una massima unità per un settore in forte sofferenza”. Molto critico Gian Matteo Zeppa, Rete: “Avete speso tempo per fare una legge sulla rappresentanza quando manca il lavoro- puntualizza- ben venga la frammentazione sindacale, è sintomo di democrazia”. Quest'ultimo punto viene affrontato anche da Massimo Cenci, Ns, che difende la libertà sindacale: “Sono tra quelli- assicura- che ritengono l'avvento del terzo sindacato un valore aggiunto”. Lo stesso Cenci chiede un ulteriore confronto sul testo in modo da “togliere quei potenziali problemi che ci possono essere”.
Nella replica, il Segretario di Stato Belluzzi rassicura sul valore della proposta di legge, riferendo di essere stato a Ginevra all’OIL prima di portarla in prima lettura “perché non rischiassi- motiva- di introdurre una norma che potesse confliggere con quelle considerate a livello internazionale le libertà nel mondo industriale”. Il segretario annuncia poi che il confronto proseguirà: “Organizzerò- conferma- un incontro fra le parti sociali, le associazioni datoriali e i funzionari dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro”. E ribadisce: “In vista della legge di riforma del mercato del lavoro – conclude- è essenziale definire chi è maggiormente rappresentativo”.

Sonia Tura

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