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Operazione Titano: la Procura di Napoli non crede alla buona fede di Livio Bacciocchi

10 apr 2013
Operazione Titano: la Procura di Napoli non crede alla buona fede di Livio BacciocchiNapoli: Bacciocchi non è in buona fede
Napoli: Bacciocchi non è in buona fede - Chiesta la custodia cautelare in carcere. Drammatici messaggi di minacce con Vallefuoco.
“Le parole vanno mantenute. Puoi far leggere i messaggi e far ascoltare le nostre telefonate, ma se mi chiameranno ho da raccontare anche io delle storielle, una su tutte sui gatti, perciò fa la persona seria che sei, mantieni gli impegni”. E' uno degli sms, dal contenuto drammatico, intercorsi nel dicembre 2010 tra Livio Bacciocchi e Francesco Vallefuoco: quest'ultimo fa intendere all'avvocato di avere qualche sassolino da togliersi dalla scarpa, mentre Bacciocchi lo pregava di lasciarlo in pace: “Voglio solo essere lasciato in pace dopo che sono stato derubato da tutti – scriveva – Fincapital commissariata, io pluri-indagato, non posso andare in Italia, mi hanno revocato tutti i conti. Non intendo subire altre estorsioni e quindi lasciatemi tutti in pace”. Ma la Procura di Napoli non crede alla tesi di Bacciocchi come vittima: “Proprio le intercettazioni in esame – si legge – hanno dimostrato quanto poco fosse meritevole della positiva considerazione ricevuta in passato e come, nonostante tutto, fosse disposto ad accordarsi con Agostinelli, Sinatra e Vallefuoco, sapendo bene che le dichiarazioni di questi ultimi avrebbero potuto rovinarlo definitivamente, a dimostrazione – è la conclusione – della sua piena e consapevole partecipazione ad attività realizzate in favore di organizzazioni di stampo camorristico”. E sopra Fincapital gravitava la cupola camorristica: Vallefuoco, secondo la ricostruzione della Procura, è descritto come garante degli interessi del clan degli acerrani riconducibile a “Zio Peppe”, Giuseppe Mariniello, federato col clan dei casalesi, mentre Francesco Agostinelli garantiva i vertici del clan, come Carmine Schiavone, Michele Zagaria e Antonio Iovine, sulla felice riuscita degli investimenti. In favore del clan anche la Ferrari Scaglietti da 300mila euro, per la quale il primo commissario liquidatore di Fincapital, avvocato Vicari, aveva subìto pesanti intimidazioni. Alla luce di quanto emerso, non stupisce che Vicari decise di abbandonare l'incarico.

Francesca Biliotti



Dal TG delle 14:00
Secondo la Dda napoletana, gli affari di Fincapital erano seguiti personalmente da Carmine Schiavone, figlio di Francesco detto “Sandokan”; sempre Carmine vigilava sulla vendita degli appartamenti costruiti da Roberto Zavoli coi soldi della finanziaria, che secondo l'accusa ripuliva i soldi sporchi del clan dei casalesi e degli acerrani. Sono 42 gli indagati dell'ultima operazione, 24 già arrestati: tornano anche i nomi dell'avvocato Livio Bacciocchi, del direttore di Fincapital Oriano Zonzini e di Roberto Zavoli, trait d'union con Francesco Vallefuoco, di nuovo in manette, il mediatore degli affari dei casalesi. Scattati i sequestri preventivi, come una Ferrari Scaglietti targata San Marino riconducibile alla Fincapital come le 5 villette a ridosso del confine sammarinese. Finanziaria ora totalmente nelle mani del pool bancario messo in piedi da Banca centrale per evitare la cessione in blocco di tutte le attività e passività. Lo stesso elegante immobile di Dogana non ha più targhe identificative, la società è in liquidazione coatta amministrativa. Le banche erano le sue maggiori creditrici. La più coinvolta, nell'operazione recupero debiti, è Banca di San Marino, che dal gruppo Bacciocchi deve riavere qualcosa come 50 milioni di euro, e finora ne ha visti meno della metà. “Ma siamo tranquilli, perché molto solidi – assicura il direttore Tagliaferro – così come le persone che devono acquistare gli immobili, perché sanno che li comprano da noi”. Banca di San Marino fece anche un esposto contro Francesco Agostinelli, coinvolto nell'operazione Titano e che in Repubblica voleva acquistare Banca commerciale ma non solo, pensava di dover ricevere da Banca di San Marino almeno 15 milioni. “All'Italia abbiamo dato tutte le informazioni di cui disponevamo su Agostinelli – dice Tagliaferro – mentre il nostro esposto a San Marino finora non ha avuto esito”. Però Bacciocchi aveva proposto Agostinelli: quando iniziarono le difficoltà a completare i cantieri, disse che tutto sarebbe passato attraverso una società immobiliare italiana facente capo ad Agostinelli, che a garanzia avrebbe dovuto versare un paio di milioni in una certa data, nel contratto risultava perfino l'orario, ma non arrivò mai nulla, e dopo mesi fu Banca di San Marino a rilevare i cantieri incompleti creando una sua società immobiliare, con Bacciocchi che per pagare il suo debito ha ceduto alla banca tutte le sue proprietà immobiliari.

Francesca Biliotti

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