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Il Comites ricorda le vittime delle Foibe

10 feb 2017
Alessandro Amadei
Alessandro Amadei
Oggi è il giorno del ricordo istituito dal parlamento italiano con la legge 30 marzo 2004 n. 92 ed il Comites San Marino tramite il suo vicepresidente Alessandro Amadei (foto) richiama alla memoria gli eccidi ai danni della popolazione italiana ad opera degli slavi avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra nell'Adriatico orientale.
Tra il 1943 ed il 1947 per volere del maresciallo Josip Broz Tito e dei suoi miliziani jugoslavi oltre diecimila italiani, uomini, donne, anziani e bambini furono gettati nelle foibe, ovvero in quelle cavità presenti nell’Altopiano carsico, l'uno legato all'altro con fili di ferro, in nome di una pulizia etnica che doveva annientare la presenza italiana in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. Interi villaggi e città italiane come Pola, Parenzo, Rovigno, Fiume e Umago furono svuotati dei propri abitanti, i quali furono costretti dagli jugoslavi ad emigrare dopo avere subito atroci violenze. Molti connazionali finirono in campi profughi dove rimasero per anni, tanti furono costretti a fuggire in altre città italiane o all’estero, chi in America, chi in Australia e l'esodo durò oltre dieci anni.
Gli italiani che rimasero nei territori invasi dalle forze jugoslave dovettero fare i conti con la paura di subire soprusi, discriminazioni etniche ad opera di un governo repressivo e sanguinario e con il rischio addirittura di divenire apolidi, nel caso in cui si fossero rifiutati di accogliere la cittadinanza jugoslava. Incredibilmente lo Stato italiano dimenticò i propri figli rimasti in terra straniera non impegnandosi a garantire loro protezione contro gli atti di intolleranza che gli stessi italiani dovettero subire. Addirittura lo stato italiano accettò in modo servile le condizioni del trattato di pace siglato a Parigi nel 1947 che prevedeva la confisca da parte della Jugoslavia dei beni degli italiani che avevano abbandonato i territori occupati, giustificando tale atto come un risarcimento dei danni di guerra causati agli jugoslavi dal regime fascista.
E’ una ferita ancora aperta quella degli esuli dalmati, istriani e giuliani non solo perché essi attendono ancora un equo indennizzo per i beni che furono loro ingiustamente sottratti, ma soprattutto perché la loro vicenda è stata sempre ignorata dalla storiografia e della classe politica italiana. Ciononostante, il ricordo della loro tragedia è ancora vivo nella memoria collettiva e nelle menti di chi ha perso qualcuno, qualcosa, se stesso. Solo negli anni novanta la politica interruppe quell’assordante silenzio e iniziò a interessarsi a quella vicenda, arrivando nel 2004, esattamente tredici anni fa, ad emanare una legge che istituì il Giorno del ricordo delle vittime delle Foibe e di coloro che furono costretti all’esodo.
Far conoscere ai giovani la tragedia che si è consumata nell'Adriatico orientale significa, secondo Alessandro Amadei, attualizzarne il senso, esortarli a riflettere sul continuo pericolo di un possibile ritorno di quei sentimenti che hanno portato all’eccidio di tanti italiani.
Acquisire coscienza sulla base della conoscenza, in quanto una delle condizioni per apprendere dal passato è conoscerlo. Quando parliamo di massacri delle foibe questo concetto è di importanza fondamentale.

Un’attenta riflessione sulla questione è opportuno farla attraverso le testimonianze di quanti hanno vissuto l’esodo in prima persona e sono sopravvissuti ai massacri delle foibe ed attraverso le testimonianze dei loro cari.
Attraverso le loro parole si può ripercorrere per non dimenticare ciò che è stato. Un esercizio di memoria utile a passare la fiaccola del ricordo alle nuove generazioni.


Alessandro Amadei
(vicepresidente Comites San Marino)

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