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AP: l'accordo è per 2 mesi

21 ott 2014
AP: l'accordo è per 2 mesi
AP: l'accordo è per 2 mesi
“L'accordo è per due mesi”. Un termine che il capogruppo di Alleanza Popolare ripete più volte. Poi, conclude, se le visioni non concorderanno, ci sentiremo liberi di andare per la nostra strada. Per noi, ricorda Mario Venturini, bisogna dare vita ad un nuovo governo, un governo di svolta. Le dimissioni del Segretario alle finanze, rimarca, non rappresentano la risposta adeguata alla questione morale. “Apprezzo la decisione di Felici che non era quella del suo partito”, sottolinea. Ricordando che Ap non viene minimamente sfiorata nella questione morale, Venturini chiede ai partiti tradizionali di assumersi la responsabilità oggettiva del loro operato negli ultimi 20 anni. Serve la legge di bilancio e per questo, assicura, voteremo il sostituto di Felici. Da subito si apre la verifica sull'operato del governo e della maggioranza che si concluderà a fine anno. A Rete, Civico 10 e Sinistra Unita che domenica invitavano Ap a tenere duro replica:”ci hanno lisciato il pelo dopo averci definito complici e omertosi.” Infine dal capogruppo di Ap il pieno sostegno alla magistratura anche quando, puntualizza, di mezzo c'è una istituzione come Banca Centrale. Punta tutto sui mancati obiettivi economici del governo il capogruppo di Civico 10 che non si dice del tutto d'accordo con la decisione di Alleanza Popolare. Per noi bisogna andare subito alle elezioni ma la scelta di Ap ha il pregio di chiedere una forte discontinuità di governo e di porre un termine a questa agonia. Speriamo, sottolinea Andrea Zafferani, non sia senza seguito come è accaduto altre volte. Facciamo il bilancio, su questo siamo tutti d'accordo, poi al voto. Il rapporto fiduciario nella maggioranza è al capolinea, commenta William Giardi dell'Upr. Il problema non è più se ma quando avverrà la crisi di governo. Per lui un Esecutivo di scopo è fuori luogo e non in linea con la legge elettorale. In politica, conclude, serve il coraggio delle scelte. Il dibattito sulle dimissioni del Segretario di Stato alle finanze era iniziato a notte fonda con Claudio Felici che ha ripetuto come “di fronte all'esigenza che il Paese capisca che c'è un progetto di sviluppo da realizzare, le esigenze dei singoli devono passare in secondo piano”. Mi sento a posto con la coscienza e con il ruolo che ho avuto. Lascio, conclude, convinto di aver fatto il massimo sforzo per contribuire a rilanciare il Paese. Prima personale e poi politica, la valutazione di Pasquale Valentini. Con Felici, ha esordito, c'è stato un coinvolgimento personale ed emotivo che va oltre le cose concrete di cui abbiamo responsabilità pro-tempore. La cosa peggiore che potremmo fare ora, sottolinea il Segretario agli esteri, è quella di non cogliere le motivazioni e ciò che ha voluto raccomandarci. Sembra paradossale, rimarca, ma è un atto di responsabilità per rafforzare il governo. Non si permetta quindi, conclude, che una facile delegittimazione possa negare questo percorso di trasformazione. Ancora più personale l'analisi del capogruppo della Dc. Conosco Claudio da anni e ho stima nelle sue capacità di leggere i momenti politici, premette Luigi Mazza. Felici non si dimette per la questione morale, ma perché 'il tempo è galantuomo e la politica non rispetta quei tempi'. Due, secondo Mazza, gli aspetti in ballo: questione morale e azione di governo. Con arresto di Claudio Podeschi e Fiorenzo Stolfi qualcosa è cambiato. Non si parla di finanziamenti ma di tangenti. C'è chi ha già pronta la condanna, ma io so, sottolinea, che la magistratura sa fare il suo lavoro. Poi l'azione di governo: da questo passaggio, conclude Mazza, dobbiamo rafforzarla malgrado le dimissioni. Un atto di responsabilità, non di condanna politica della coalizione, conferma Gerardo Giovagnoli del Psd. Testimonianze la cui attendibilità è da verificare, dice, hanno alimentato il tiro mediatico contro il Psd. Se certi fatti abbiano inficiato i risultati elettorali ricordo, prosegue,che allora Felici fu il primo dei non eletti. Giovagnoli riconosce ad Ap di aver sempre fatto un'azione politica di argine a certi comportamenti e si dispiace che a volte il Psd non sia stato alleato su battaglie di legalità. Ma se c'è un corrotto, c'è un corruttore. Chi faceva circolare quei soldi? Chiede. Non devono rispondere tutti coloro che si sono arricchiti? Invito tutti, conclude, a lasciare da parte il cecchinaggio per collaborare a migliorare San Marino. Diversa la lettura di Simone Celli. Le dimissioni di Felici non si superano sic et simpliciter con la sua sostituzione, dice il segretario socialista. E' stato leader indiscusso del governo di Bene comune e oggi viene scaricato, malgrado le parole scontate di elogio, con atteggiamento pilatesco. E' ipocrisia allo stato puro pensare di risolvere la questione morali con l'individuazione di vittime sacrificali. Il problema, per Celli, è sistemico. Oggi l'Aula deve interrogarsi su come la politica possa recuperare autorevolezza e crebilità di fronte a una cittadinanza disorientata. Senza una reazione coraggiosa perchè c'è il rischio che il vuoto della politica sia occupato dal populismo e dalla demagogia dei demolitori da un lato, e dall'altro dai poteri occulti e logge massoniche che non hanno a cuore gli interessi del Paese. L'avvicendamento a Palazzo Begni rappresenta una soluzione di respiro corto sul piano politico, afferma Celli, permette di svalicare questa sessione consiliare, ma i problemi restano tutti sul tavolo. Da oltre un anno e mezzo, conclude Celli, sosteniamo sia necessario mettere in campo progetti politici all'insegna della responsabilità nazionale. Siamo stati strumentalizzati, ci hanno detto che volevamo essere la stampella del governo. Gli interessi del Paese vengono prima di tutti, tra chi vuole distruggere e chi vuole costruire noi vogliamo stare con i secondi.

Sonia Tura

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